Oggi ho avuto occasione di osservare un bambino…
Aveva circa 4-5 anni. Era biondo, con gli occhi chiari e la pelle rosea, sicuramente morbida e calda al tatto. I capelli, fini allo sguardo, molto folti e un po’ spettinati, abbellivano il suo dolce visetto. Aveva un volto ben proporzionato e il suo sguardo, vispo e intelligente, mi trasmetteva serenità, bontà e fiducia.
Giocava con una macchinetta e muoveva abilmente le sue manine, lanciandomi ogni tanto uno sguardo perché si era accorto che lo stavo osservando. All’inizio mi ha fissato a lungo negli occhi, per capire chi fossi e poi ha ripreso a giocare con la sua macchinetta alzando solo ogni tanto il suo sguardo verso di me e accennando sempre più spesso ad un sorriso, sempre fissandomi a lungo negli occhi.
Poco dopo mi si è avvicinato e mi ha fatto vedere la sua macchinetta per ‘sentire’ meglio chi ero e cosa pensavo.
Nessuno di noi parlò. Non serviva aggiungere parole all’eloquenza ben più profonda dello sguardo, ma diventammo sicuramente amici; un’amicizia piccola e profonda nello stesso tempo, perché fondata sulla fiducia reciproca: lui aveva capito che lo osservavo con un amorevole stupore e che poteva quindi fidarsi di me.
Gli volevo bene come vogliamo bene ad ogni persona che vive nella purezza, nella semplicità, nel rispetto dell’altro, nell’apertura alla meraviglia della vita e nello stesso tempo nella piena libera espressione di se stessa.
Gli volevo bene come vogliamo bene ad ogni uomo, sapendo che la sua venuta arricchisce il mondo … e quindi anche noi stessi e il nostro piccolo e personale mondo.
Chi diventerà quel bambino da grande? Quale sarà la missione per cui Dio lo ha creato? Riuscirà a capirla e a realizzarla? Riuscirà a mantenersi una persona che vive nella purezza, nella semplicità, nel rispetto dell’altro, nell’apertura alla meraviglia della vita e nello stesso tempo nella piena espressione di se stessa? Riuscirà a restare sano, sia nel corpo che nella mente?
Continua a leggere l’articolo su InformaSalus.it